Se stai leggendo queste righe, forse senti che qualcosa nella tua relazione non va più come prima.
Forse ti senti osservata, giudicata o limitata, ma non riesci a dare un nome a ciò che stai vivendo.
Oppure sei un’amica, un genitore o un collega che vede una persona spegnersi lentamente sotto il peso del controllo, senza alzare la voce ma perdendo, giorno dopo giorno, la libertà.

Io sono l’avvocato Matteo della Pietra, e insieme alla criminologa avv. Angelica Giancola aiutiamo da anni donne e famiglie a riconoscere e interrompere queste dinamiche. Non serve arrivare alla violenza fisica per chiedere aiuto — spesso il primo passo è proprio capire che quella che sembra “gelosia” o “protezione” può essere il segnale di qualcosa di più profondo e pericoloso.
La violenza invisibile esiste, e riconoscerla è il primo atto di libertà.


🔍 Cos’è la violenza invisibile

La violenza invisibile è quella forma di controllo sottile, emotivo o psicologico che si insinua nei rapporti di coppia.
Non lascia lividi, ma svuota lentamente la persona, facendole perdere sicurezza, autonomia e contatti con l’esterno.

Si manifesta con frasi, comportamenti o atteggiamenti che, presi singolarmente, possono sembrare banali o persino premurosi:

  • “Ti scrivo solo per sapere dove sei.”
  • “Non uscire con loro, non ti fanno bene.”
  • “Non mi piace come ti vesti.”

Col tempo, queste attenzioni diventano strumenti di controllo, e la vittima finisce per adattarsi, giustificare, e infine sentirsi in colpa anche solo per voler respirare libertà.


👩‍🦰 Perché parliamo al femminile

Avrai notato che l’articolo è scritto al femminile.
Non è un caso: nella quasi totalità dei casi, le vittime di violenza relazionale sono donne.
Dietro questo dato ci sono dinamiche di potere, controllo e possesso che affondano nelle radici culturali della nostra società.
Molti uomini faticano ad accettare la libertà e l’autonomia della partner, e trasformano la paura dell’abbandono in dominio.
È da questo squilibrio che nascono — quasi sempre — i cicli di violenza, fisica o psicologica, che accompagnano i casi più drammatici.

Le donne, invece, vivono più spesso la dipendenza affettiva come svalutazione di sé, non come bisogno di possesso sull’altro.
Quando una relazione entra in crisi, tendono a colpevolizzarsi o a cercare mediazione, non a controllare o punire.
Questo non le rende “più deboli”, ma piuttosto più orientate all’accudimento e al mantenimento del legame, anche quando questo le danneggia.
Per questo la violenza femminile nelle relazioni intime è statisticamente rara e si manifesta in forme molto diverse — più difensive che predatorie.


💻 Lo stalking digitale: il controllo che passa dallo schermo

Nell’era dei social, la violenza invisibile trova nuove forme di espressione.
Lo stalking digitale è una delle più diffuse e subdole: l’autore monitora i movimenti online della vittima, legge i suoi messaggi, controlla gli accessi su WhatsApp, impone di condividere la posizione o le password dei profili.
A volte installa app-spia sul telefono o accede ai social con credenziali sottratte.

Spesso questo inizia con una richiesta “d’amore”: “Se non hai nulla da nascondere, perché non mi dici la password?”
Ma dietro c’è una dinamica di possesso e annullamento dell’altro, che può sfociare in forme di persecuzione e violenza conclamata.

Controllare l’accesso online, chiedere di condividere la posizione, leggere le chat o pretendere le password dei social: tutto questo è violenza.
La vittima, sotto pressione costante, si sente in colpa per ogni piccolo desiderio di libertà, finisce per auto-limitare la propria libertà per evitare conflitti o accuse di tradimento.


🧠 Lettura criminologica: il ciclo del controllo

La criminologa Angelica Giancola spiega che queste forme di violenza seguono spesso un ciclo ripetitivo:

  1. Fase di idealizzazione – il partner è premuroso, protettivo, quasi perfetto.
  2. Fase di controllo – emergono gelosia, limiti, critiche.
  3. Fase di svalutazione – la vittima viene colpevolizzata, confusa, isolata.
  4. Fase di “riparazione” – dopo le tensioni, arrivano scuse e promesse di cambiamento.

Questo ciclo si ripete, ogni volta più stretto, e l’amore lascia spazio alla paura.


⚖️ Come difendersi e chiedere aiuto

Riconoscere la violenza invisibile è il primo passo.
Il secondo è non affrontarla da soli.
Rivolgersi a un professionista permette di:

  • capire se ci sono elementi per sporgere denuncia o querela;
  • ottenere misure di protezione come l’allontanamento del partner;
  • essere supportati da un punto di vista psicologico e criminologico;
  • coordinarsi con centri antiviolenza e forze dell’ordine per un piano di tutela immediato.

Io e la criminologa Giancola lavoriamo insieme proprio su questo: ascoltare, analizzare, proteggere.
La violenza invisibile si può fermare — ma serve rompere il silenzio.